22 maggio, 2009

Being a Pr/2. Cretina o non cretina: la presa di coscienza

Ho deciso di scrivere un nuovo post proprio oggi, venerdi pomeriggio ore 18,24, perchè non volevo che passasse troppo tempo dal precedente. E poi perchè, ladies and gentlemen, questo è il post n.113, come il numero della polizia. Al momento sono nullafacentemente (se Mourinho può coniare parole ed espressioni a vanvera, tipo "ssero tituli", perchè non lo posso fare io?) da sola in questa stanza d'ufficio - stanza account numero 4 - che affaccia sul ghetto, notoriamente uno dei miei quartieri preferiti di Roma. Ho finito le mie prime tre settimane da pierre, che se va bene diventano cinque. Cinque e stop. Eh sì, l'amore per questa città eterna (e per un gruppo di lavoro simpatico e creativo) ha tentato la mia anima di pennivendola modaiola con un altro paio di settimane all'Agenzia. E io, debole roma-dipendente che anela un ufficio dove andare tutti i giorni lasciando in serenità i crackers alla soya in bella vista (che vuol dire: il posto è mio) e una casella di posta chiocciola qualchecosa basta che sia il nome di un'azienda, ho accettato. Sempre a termine, però. Perchè sono sempre convinta che il gioco è bello quando dura poco.
Tutto questo prologo è per uno e uno solo scopo: spezzare una lancia a favore di questi poveri pierre. I giornalisti, infatti, sono la categoria più acida e pigra che esista. Ebbene sì, se non abbiamo la pappa pronta, se non veniamo pregati, ringraziati, adulati e poi di nuovo ringraziati, non muoviamo un dito. O, almeno, io lo faccio. Mi sbatto e chiamo gli uffici stampa per avere il materiale. E a volte, se non me lo danno, lo trovo in qualche altro modo. Visto dal di fuori il modus operanti di decine di illustri (ben più illustri di me) colleghi, mi sorge spontanea una domanda: ma sono l'unica giornalista cretina al mondo?
E con questa domanda in testa, mi avvio al weekend romano.