31 agosto, 2006

Partenze..

Sono già passati sessanta giorni di stage. Non tantissimi, ma abbastanza per riuscire ad apprezzare le persone che si hanno intorno, con cui si collabora, con cui si ride, si scherza e si discute. Ed è già tempo di partenze: Lavinia infatti fa le valigie alla volta di radio 24. E così sfrutterò questo post per salutarti e per ringraziarti di tutto quello che hai saputo trasmettermi in questi mesi, perchè sei stata una collega disponibile, gentile e simpatica ma anche un'amica che spero non perderò per strada, ma che riuscirò a conoscere meglio e ad apprezzare ancora di più. Abbiamo condiviso una bella esperienza: ora in bocca al lupo per il nuovo stage!
Non avevo mai usato il blog per saluti, messaggi e quant'altro. Ma alla fine è la mia stanza e questa volta ho voluto, mi sono sentita di fare così.

30 agosto, 2006

Decalogo del romano doc - quello che ho capito di questa "maggica" città

In qualità di romana acquisita, ecco il decalogo - a mio parere - del romano doc. o di questa città in generale.
1. Siamo tutti giallorossi. e chi non lo è se po'ammazzà. Del resto, la Roma è la Roma. Dea da venerare sempre, comunque e dovunque.
2. Di capitano ce n'è uno solo. Come di mamma. E'Il Pupone, alias Francesco Totti, Re di Roma. Conseguentemente ammirato e adorato da tutti.
3. Di quotidiani,invece, ce ne sono due. al massimo tre. Repubblica, Messaggero, Corriere dello Sport. Ai fighetti milanesi non ancora convertiti che si recano in edicola a chiedere "il corriere, per favore", seguirà risposta scontata: "de che, de 'o sporte?"
4. perchè arrivare puntuale quando si può arrivare all'ultimo momento? da notare: il verde, nei semafori romani, non esiste. Perchè dura un secondo. Mentre il giallo, dura almeno 3 minuti. Un segnale non troppo esplicito per dire "muovetevi"
5. tutti sanno tutto di tutti. se il tuo barista di fiducia o la cassiera della conad non sono al corrente che tua sorella ha divorziato, che il tuo cane ha dovuto fare la lavanda gastrica e che ti si è rotto il lavandino, non va bene. non sei perfettamente integrato.
6. solo i controllori e gli autisti pagano il biglietto. non c'è un romano che finanzi l'atac. ovviamente non sarò io la prima.
7.Il romano va in giro esclusivamente in motorino. perchè il traffico è insostenibile, i mezzi sono da terzo mondo e la città è tutta ztl. anche se nessuno la rispetta e le multe, pare, non arrivano.
8. il caffè è un rito sacro. il caffè si offre a chi lo beve con te. il caffè deve essere stretto e "ar vetro", che si sterilizza meglio della ceramica.
9. il romano è coatto. coatto dentro, se non anche fuori. non sa dire la gl e sdoppia le doppie: "che famo, pijiamo la machina?"
10. i romani amano una sola cosa al mondo (oltre la maggica): Roma. e, se trapiantati altrove, stanno male. Il mio amico Francesco docet: "aho sai qual'è la cosa mijiore di milano?"; "no"; "er treno pe Roma!"

20 agosto, 2006

Sfogo di metà domenica di metà d'agosto

Sono stufa di essere una pseudo giornalista che vuole fare la giornalista.
Ecco tutto.
Sono stufa di stare seduta in redazione a giocare alla piccola cronista parlamentare quando questo potrebbe benissimo essere un lavoro, e non un gioco.
Forse pecco di troppa poca modestia, lo so. Ma vi assicuro - e lo potranno assicurare anche tutti gli aspiranti giornalisti di questo mondo, che sono tanti, tantissimi, anzi: troppi - che questo mestiere, per me il più bello al mondo in assoluto, ha delle regole di accesso alla professione che fanno non solo acqua da tutte le parti, ma fanno letteralmente schifo. E fanno arrabbiare. Perchè? Perchè c'è chi impone un limite al numero di professionisti da sfornare ogni anno, ma le scuole di giornalismo spuntano come funghi dopo una giornata di pioggia. Anzi, ne spuntano molte più dei funghi. Ma c'è chi dice che ormai l'unico veicolo, l'unico tramite per arrivare al tanto agognato tesserino da professionista sia la scuola. E allora, facciamo questa benedetta scuola. Paghiamo questi benedetti diciottomila euro. Eppure le redazioni sono stra piene di raccomandati che fanno ancora il praticantato sul campo. Il campo vero. Che non ha proprio nulla a che spartire con lo scimmiottare il lavoro di una redazione. Specialità assoluta delle scuole di giornalismo. E vengono pure pagati, loro. La nostra grande opportunità, invece, quella per cui la gente si picchia, piange e si infila i coltelli dietro la schiena è lo stage estivo. Bella esperienza, per carità. Per me che sono capitata bene. Ma chi è estraneo a quetso ambiente non può capire. Non può capire che finiti questi tre mesi di lavoro, risate, cose imparate e domeniche passate in redazione al posto che al mare, tutto finirà. E' stato bello, ma fine del gioco. I giornalisti veri rimarranno in redazione. Noi ragazzi torneremo sui banchi e chissà che tra tre o quattro anni non ci si riveda per una sostituzione estiva. Anche se siamo svegli, se siamo bravi. Quello poco importa. Sfogo da stanchezza, in fondo stanotte ho dormito solo quattro ore. Ma anche agli aspiranti giornalisti almeno non è negato divertirsi, il sabato sera. E riunirsi in queste combriccole che ci legano trasversalmente, in nome della nostra condizione comune.

17 agosto, 2006

Le parole di un padre triste

Ho appena finito di leggere una lunga e toccante pagina di Repubblica. L'orazione funebre scritta dallo scrittore israeliano David Grossman per la morte del figlio Uri, letta al funerale di quest'ultimo. Tutti i genitori amano i propri figli e li dipingono, ovviamente, come ragazzi eccezionali e unici. Ed è quello che lo scrittore fa con suo figlio, morto sabato notte, soldato in guerra contro il Libano. E pensare che Grossman aveva difeso la rappresaglia israeliana seguita agli attacchi hetzbollah. Aveva scritto che sarebbe stato ingiusto stare a guardare quando qualcuno ti attacca in quel modo. Ma ora, a un mese dall'inizio del conflitto, dice che la sua famiglia la guerra l'ha decisamente persa. E nel peggiore dei modi. Uri, neanche 21 anni, è solo uno dei tanti ragazzi che hanno dovuto rinunciare a miliardi di belle cose per morire in guerra, per servire il proprio paese. Un concetto che non capisco, che non voglio capire. Perchè dopo questo enorme sacrificio, non cambierà nulla. E resteranno solo le parole di un padre disperato rassegnato di fronte al fatto che dovrà continuare a vivere anche senza suo figlio.
Sono molto belle le parole di questo padre triste. E trasmettono un affetto smisurato e profondo. Per chi avesse voglia di leggere questo lungo addio, basta cliccare qui:

05 agosto, 2006

Sabato d'agosto e cambiamenti

Primo sabato di questo mese, ore 15 e 40. Sono in redazione, ma ovviamente sogno il mare. E la spiaggia. E un cocktail alla frutta da sorseggiare leggendo Vanity. Ma sono qui, davanti allo schermo del pc come ormai di consueto. Avrei trecentomila cose da dire, nel senso che quest'ultimo mese è stato per me fonte di incredibili insegnamenti. A partire dalla politica, questa sconosciuta, che sta entrando progressivamente sempre di più ad occupare spazi della mia mente e della mia vita. Per dirne una: stamattina mi sono svegliata, l'unica in tutta la casa che si sveglia di sabato alle 8 per andare a lavorare, e sotto la doccia mi sono sorpresa a pensare a Russo Spena, capogruppo del Prc al senato, e all'allargamento della maggioranza. Nonchè al fatto che tutti ormai dicono che cadrà il governo prodi. E questo è un chiaro segno della mutazione genetica di cui sono stata e tuttora sono protagonista. Perchè solo un mese fa non solo non sapevo chi fosse Russo Spena, ma non sapevo neanche cosa fosse un capogruppo al Senato. E di prima mattina non me ne sarebbe fregato assolutamente di che diavolo sarebbe potuto succedere alla maggioranza di governo. Tantomeno di sabato mattina. Tantomeno il 5 agosto. E allora dedicherò questo post molto introspettivo ai cambiamenti. Di città, di pensiero, di abitudini, di interessi e di tante e tante altre cose. Cambiamenti che, ora che ne ho avuto assoluta riprova, sono più che positivi. Anche se qualche volta, ripensando a ciò che ho lasciato indietro, mi viene un po' di malinconia.