19 aprile, 2007

Maneki neko I love you


Sabato scorso sono andata a cena al ristorante cinese. All'ingresso, mentre aspettavamo di sederci, ho appreso l'esistenza di un simpatico gatto cino-giapponese portafortuna. Si chiama Maneki-Neko: ecco una breve spiegazione delle sue portentose qualità..nonchè della sua storia.


La credenza nei poteri sovrannaturali del gatto non è solo giapponese; lungo tutta la storia il gatto è stato venerato, riverito o temuto nella maggior parte delle culture del mondo. In origine i gatti furono considerati per la loro abilità nel controllare la popolazione dei roditori i quali distruggevano le scorte dei cereali e disseminavano malattie.
Questa pratica ebbe inizio e si sviluppò nell’antico Egitto, considerato allora il granaio del mondo, e permane fino ai nostri giorni. La natura del gatto come predatore dal sangue freddo fu pure riconosciuta e rispettata da noi nel Medioevo durante i giorni della peste portata dai ratti. Ironicamente fu proprio la sua natura, combinata con le abitudini notturne, che portò ad associare la sua immagine con il diavolo e la stregoneria. Idea che permea tutta la tradizione occidentale. Ma il gatto continua a essere adorato come una deità e giuoca ruoli importanti nelle cerimonie religiose e occulte in tutta l’Asia.
I gatti giunsero in Giappone circa 1000 anni fa attraverso la Cina, portati dagli allevatori dei bachi da seta, i quali credevano che i gatti proteggessero il filugello. Tuttavia, sino alla nascita della leggenda del maneki-neko, i gatti avevano la reputazione di essere malvagi o simili al diavolo.
Secondo la tradizione infatti, in Giappone gli animali portafortuna erano sia i nativi tanuki (procioni) che la inaki (la dea volpe dei raccolti). Questi due animali erano riconosciuti come portatori di buona fortuna per gli affari e spesso i negozi esponevano le loro statue e immagini, allo stesso modo in cui oggi si espone il maneki-neko. Siccome un vecchio proverbio cinese recita che un gatto che si lava la faccia è un segno di buona fortuna, si pensava che originariamente il maneki-neko non fosse altro che un gatto che si lavava la faccia. Alla fine, col passare dei secoli, la reputazione del gatto in Giappone, si trasformò da quella di cacciatore vagabondo a quella di portatore di fortuna, felicità e salute.
L’origine esatta della tradizione attuale è piuttosto controversa, iniziò forse nel XVI secolo e si sviluppò in Osaka o in Edo. Le leggende intorno al maneki-neko sono innumerevoli, ma il tema dominante rimane lo stesso, un gatto randagio trattato bene, che porta fortuna e buona sorte alla persona che gli fu amica. La validità di simili storie sui poteri sovrannaturali del gatto può essere messa in dubbio, ma rimane il fatto che la gente lo compera. Siccome se ne vendono milioni, un cinico potrebbe suggerire che il vero istigatore di simili favole fosse in realtà un fabbricante di statue di gatti. Mah!
Ne vengono modellate ogni hanno in quantità impressionanti, con tutti i materiali immaginabili, dal legno alla cartapesta, dal ferro alla porcellana; solo la forma è la stessa, un gatto seduto con un bavaglino e una campanella allacciati al collo e una zampa sollevata in segno di saluto.
Interessante è la posizione delle zampe. Infatti sebbene le rappresentazioni con la zampa sinistra sollevata siano più comuni di quelle con la zampa destra alzata, la ragione esatta della differenza non è chiara.
Alcune voci dicono che la zampa sinistra sollevata significano denaro e fortuna, mentre la destra significa buona fortuna e salute. Altre sostengono che la sinistra propizi gli affari e la destra la famiglia. Una credenza popolare è quella che consiglia di comprare un maneki-neko al mese, alternando la zampa sinistra per i mesi dispari e quella destra per i pari, alla fine di 48 mesi ci si sarebbe assicurati la buona fortuna per la durata di tutta la vita, sia dal punto di vista professionale che personale. E poi attenzione, più è alta la zampa sollevata, maggiore è la buona sorte!
Il maneki-neko è pure rappresentato in una vasta gamma di colori, ognuno dei quali ha un suo significato. Quello più comune è il bianco, che significa già di per sé buona fortuna. Il nero assicura protezione contro le malattie, il giallo oro porta denaro e fa avverare i desideri, il giallo propizia l’amore, il verde il successo negli esami e l’azzurro la sicurezza personale. Per tutte queste esigenze sono nati dei negozi appositi specializzati in maneki-neko.



Grazie a questa bellissima foto, speriamo che porti fortuna a questo blog..e anche un po' a me!

13 aprile, 2007

Quando è bello un film ( ed è bello anche Scamarcio!)

Mio fratello è figlio unico, cantava Rino Gaetano. Oggi è anche il titolo di un film, nelle sale dal 20 aprile prossimo. E' la storia di Accio (Elio Germano, bravissimo), "pecora nera" della famiglia Benassi. Siamo negli anni '60, nella desolante Latina, un trionfo di architettura fascista a pochi chilometri da Roma. Spedito in seminario a circa dieci anni e riaccolto pochi anni dopo in famiglia con un "ci mancava solo questa, e adesso dove ti mettiamo?", Accio abbandona velleità ecclesiastiche per tornare alla vita normale. Normale si fa per dire. L'unico legame forte è quello con il fratello Manrico (Riccardo Scamarcio): grande, bello e comunista. Un rapporto di affetto e botte, di ammirazione e volontà di distanziarsi progressivamente da un modello così apprezzato da tutti. Così Accio, complice un amico venditore di tovaglie tricolori che gli insegna il valore di onore e patria e lo apostrofa con un "tu sei fascista dentro", si unisce a un pugno di camerati e, dodicenne, fa la tessera del MSI, inneggiando al Duce e cantando Faccetta nera. Lui, contro suo fratello. Contro una famiglia operaia e antifascista. Contro una società che odia il fascismo e i suoi valori e si avvia verso il '68. E' un film fatto di legami, di amicizie e di affetti. Ma anche di solitudine e diversità. Accio è un ragazzo che pensa con la sua testa, che passa dal fascismo al comunismo quando si sontra con la cecità e l'arretratezza delle gerarchie di partito. Ma senza mai soccombere alle idiozie insite in queste fedi politiche così estreme. Senza accettare una versione dell' Inno alla Gioia di Beethoven non solo defascistizzata ma addirittura "maoizzata" e ridicola. Facendosi trascinare in qualche gesto inconsulto. Ma stando sempre dalla parte degli "ultimi", che Accio ha sempre voluto proteggere, fin da bambino. E poi c'è l'amore: Francesca. Bella,borghese che abbraccia le idee comuniste e, soprattutto, fidanzata di Manrico. Un amore, quello che Accio prova non ricambiato per lei,che è affetto e "voler bene". Raro e prezioso. E poi, magnifica, l'ultima scena, sulle note di "Amore Disperato" di Nada, quando il protagonista si ritrova, sembra giungere a una consapevolezza di sè che prima non era mai riuscito a trovare.
Una goiventù politica, quella di quegli anni. Appassionati, talvolta ridicoli e addirittura feroci. Ma ispirati..come non lo sono i giovani di adesso, me compresa. Anche se, quasi a smentire questo pensiero, ieri si è presentata alla nostra porta una ragazza che vendeva ( e noi l'abbiamo pure comprato!) il giornale Lotta comunista. E ci ha spiegato quanto sia importante un'interpretazione marxista della nostra realtà...

06 aprile, 2007

Beata ignoranza & auguri di buona pasqua

Vacanze di Pasqua. I politici continuano ad azzannarsi strenuamente tra le mura di Montecitorio e sulle pagine dei giornali, blaterando su Dico, Telecom e polizia romana che carica i tifosi del Manchester facendo incazzare Tony Blair. Teneri, poveri agnellini candidi, questi ultras anglosassoni. Me li immagino: così indifesi, delicati e posati. E soprattutto così dannatamente sobri! Nel frattempo, apprendo dai miei sporadici tour nel mondo dei mezzi di informazione (giornale la mattina, Skytg24 quando capita e, soprattutto, tgcom sezione gossip) due avvenimenti da segnalare:
1. Il principe Harry ha, nell'ordine: rischiato di affogare all maldive per essere caduto da una moto d'acqua. Tentato di dimenticare l'accaduto dandosi ai piaceri dell'alcool (ai quali non è decisamente nuovo) e ha concluso la serata sfiorando il coma etilico, tanto che l'hanno dovuto portare il principino a braccia fino alla sua stanza. Harry, al quale la regina Elisabetta non affiderebbe neanche uno scontrino della spesa figuriamoci il Regno Unito, partirà tra poco per l'Iraq dove, si vanta, servirà sua Maestà come un qualsiasi soldato.
2. Katie e Tom hanno rotto. Sì, hanno proprio rotto. Ad appena cinque mesi dal fastoso e principesco matrimonio al castello di Bracciano: quello minuziosamente organizzato da Giorgio Armani, quello dei fuochi d'artificio e dell'esclusiva da 2 milioni di dollari. Lei, se n'è andata. Ha abbandonato il tetto coniugale alias la super villa da un miliardo di dollari a Beverly Hills. Katie, posto che Tom è alto come un tavolino e deve essere un rompipalle doc con tutte le sue fisse su Scientology, il sorriso e il pensiero positivo e non ha neanche vinto l'Oscar dopo 340 film fatti o giù di lì, quindi possiamo convenire sul fatto che non è un così grande attore, io ti sostengo nella tua scelta. Solo, non capisco: come fa la tua migliore amica ad essere Victoria Beckam? Non ti sarai mica fatta consigliare da lei?
Per il resto, impegnata come sono, non faccio altro che inspirare aria di primavera e godermi i pettegolezzi tra amiche "ritrovate", fregandomene un po' del mondo che gira. Beata ignoranza!
Auguri di Buona Pasqua!!