17 febbraio, 2009

W, Pensieri semiseri dell'ultimora

I risultati delle elezioni regionali gli erano piombati addosso come una valanga su un gruppo sparuto di sciatori. La sera tardi, ma già al pomeriggio. E poi c'erano state le avvisaglie. Quel discorso un po' polemico ma sottotono, fatto a chiusura della campagna del proprio candidato. Un fiume di piccole accuse conferma cliché. E nessuna buona idea. Nessun' illuminazione divina per arginare una crisi interna al partito così profonda da essere ormai invisibile e totale allo stesso momento. Forse perchè la spaccatura aveva sempre corso all'interno di un grupoo attaccato con l'attack dei buoni propositi e poi più.

W capì di aver fallito un giorno dopo la sua elezione a leader. Quando guardando negli occhi dei suoi alleati lesse l'inoppugnabilità tignosa di chi adora essere nell'ombra e non metterci la faccia, ma non scenderà a patti per salvare te che stai facendo il contrario. Riderà di sottecchi. Capì ma non accettò. E non combattè nemmeno. Per sfiducia, per delusione, per stanchezza. O forse per essenza. Del resto il leader non era lui e questo lo sapevano tutti. Fatta eccezione per qualche cittadino. Ignaro e ignoto, peggio per lui. Che pensava facessimo - pensò - alzassimo un dito per incrementare il pil nazionale? E mica se fa così. Tanto è impossibile, inutile. E anche un po' triste.

Come W. Quella mattina non era arrabbiato, era triste. Desolatamente perdente, in una sorta di sarcastico dejavù a ripetergli "delfino de che". Pensò al suo malessere interiore e decise di ordinare un bel caffè. O no. Un bel tè che è più leggero. "Che poi ste occhiaie non me le leva nessuno". Aveva detto di volere un momento per sè, l'avevano accontentato. Ora si sentiva un po' solo, anche se solo non era..con tutti quei pensieri in testa. "Un fallimento" si disse. Un leader agita le masse, conquista le folle, si vezzeggia con slogan ad hoc..e non con quelle cose pallose sul precariato. Un leader gioca in attacco anche quando è in difesa, sorride e testa alta anche quando non conclude. W no, W non era accattivante e aveva la pancia e una montatura di occhiali anni Ottanta. Non come R che dei suoi occhiali rossi ha fatto passaporto di stronzate più di quanto non lo sia il Tg4.

Si preparava a dare l'annuncio che aveva meditato. Dimissioni. "Per salvare un partito, un'idea" ripetè fra sè e sè " per Tizio, Caio e Sempronio che il 14 ottobre hanno dato 5 euro per votare". Ma in cuor suo sapeva la triste verità. Queste dimissioni W le dava pure per stanchezza "E che mica si può passare na vita a litigà senza concludere niente". Vessati e criticati.

Quanto stava bene nell'ufficio al Campidoglio, pensò. Che poteva fare il buon W benefattore, abbracciare bambini come il Santo Padre e sfoderare il suo sorriso che a Palazzo Chigi non funziona ma magari a Tor Pignattara sì, tanto quelli che paragoni c'hanno da fare. Ripensò al Dalai Lama e a George Clooney e a lui orgoglioso di fianco senza troppe beghe di sorta. Riassaporò il tappeto rosso dell'Auditorium, la prima volta. Com'era meravigliosa quella vita là. Poteva pure scrivere libri, tra una pausa e l'altra. Senza sentire aguardi accusatori aleggiare dietro le sue spalle.

Alzò il telefono e prenotò il suo penoso canto del cigno al coordinamento. Poi mise giù la cornetta e si pregustò questa nuova vita da esiliato politico. Magari poteva tornare a fare il giornalista, che quegli editori in crisi cercano sempre la penna nota. C'avesse pensato prima chiamava Fedele e si candidava per la conduzione di Matrix, sogghignò tra sè e sè. Oppure avrebbe fatto lo sceneggiatore e si sarebbe trasferito a New York. Tanto il regista già ce l'aveva per casa: una giovane apprendista, l'"amore de papà". Magari avrebbe potuto sperare in una carica alla Fao "che sta pure a Roma, toh" e magari l'avrebbero chiamato per parlare al Palazzo di Vetro oppure l'avrebbero ricilato alle Europee del 2000 e si sa: due volte allasetimana a Bruxelles e "stamo felici".

E poi c'era sempre l'Africa. Glielo rinfacciasse quacun'altro che non c'era andato. Con tutti quei casini, quelle ripicche da diccì. Ora avrebbe preso quel dannato aereo e avrebbe mantenuto la promessa. E poi avrebbe scritto un libro. E sceneggiato il film. E fatto conferenze in giro per il mondo. E magari avrebbe vinto il premio Nobel come Al Gore, pure lui era stato il candidato sfigato. E magari.. Due colpi alla porta lo risvegliarono da quel sogno cui si era aggrappato.
"W. Sono le quattro, chiamo la macchina?".
"Facciamo una passeggiata và, che oggi me serve proprio.."