06 giugno, 2008

Cronache di Narnia in versione baltica

Sono tornata a Roma dopo un lungo peregrinare nel Nord Europa. Per lavoro, se così si può dire. Imbarcata stile Titanic su una crociera apparentemente pallosa, ma in fondo divertente, piena di cose da osservare: esseri umani lontani anni luce da me (geograficamente, linguisticamente e anagraficamente parlando), posti stupendi al confine con l'irreale. Molto da vedere, troppo da raccontare. Come tutti i viaggi, questo necessita una cernita profonda del "che cosa" portare a casa. Che poi quello che intimamente porto a casa è che sono riuscita a sopravvivere da sola in mezzo al mar Baltico per cinque giorni. Ma il "da sola" in questione è un po' tutto relativo.
Piccola blogcronaca del viaggio:
28 maggio
Marta parte. Copenhagen
Ore quattro del mattino, aeroporto di Linate. Riesco a stento a tenere gli occhi aperti per controllare che il mio volo SAS diretto a Copenhagen non venga imbarcato mentre io sto dormendo davanti al gate. Intorno a me, manager milanesi rampanti assolutamente fastidiosi. Assolutamente dopati. Giacca e cravatta dal nodo troppo largo, palmare acceso (ma chi vuoi che ti chiami a quest'ora?), scia di profumo standardizzato (= sembra che tutti abbiano lo stesso), ridono e scherzano ad alta voce. Probabilmente sniffano dalla mattina alla sera perchè il mio cervello addormentato coglie qualcuno dei loro input con incredula perplessità.
Arrivo a Copenhagen. Scendo, cambio i soldi (ma è così universalmente comodo l'euro, che diamine!), cerco di capire quanto vale una corona danese rispetto all'euro ma non ci riesco. Vedo uno Starbucks e gioisco interiormente: prendo il mio amato tall cappuccino e mi siedo analizzando la cartina: come diavolo arrivo al porto? Cheap solution, il treno. Sbaglio binario ma me ne accorgo in tempo. Salgo sul treno che si rompe ma non demordo, riesco anche a cambiare treno e ad arrivare al porto. Dove giro circa 15 minuti per trovare la nave. Salgo e mi imbarco: mentre salgo le scale, un vecchio americano con le stampelle le sta scendendo faticosamente. Pensiero seguente: andiamo bene! Questa nave è decisamente un kindergarden!
Giro a Copenhagen dove tutti sono inconfutabilmente strabelli: 0-30 anni, tutti biondi, alti, magri e con gli occhi azzurri. Mangio un bagel al salmone e capisco che non potrò più farne a meno. Dopo un bagno caldo pieno di bollicine (di sapone e champagne), scendo a cena dove sono l'attrazione della serata: ordino "martini shrimp" senza sapere che sono gamberi (buonissimi) serviti in un bicchiere da Martini. In sintesi, provate a tagliarli voi.
29 maggio
Warnemund, Germania.
Il sole sorride su questa piccola Cabot Cove de noantri. C'è l'euro. C'è una spiaggia bianca enorme dove capisco che in Germania non usano gli ombrelloni ma una specie di poltrone giganti con tettoia. L'acqua è cristallina. Gelida, ma cristallina. Mi innamoro del mare tedesco. Prendo il treno per andare a visitare Rostock, cittadina senza infamia nè lode a venti minuti di distanza. Decido che non ho bisogno di guardare la cartina. E, infatti, mi perdo. Passo il pomeriggio sdraiata in spiaggia, realizzando che forse oggi posso rilassarmi. Ah, dimenticavo: ho un'assistente personale. La piccola Lorife, filippina. Un mostro di gentilezza a cui però non so cosa chiedere perchè in fondo che problemi potrò mai avere?
30 maggio
Bornholm, Danimarca.
E' il posto più bello e surreale che abbia mai visto. Perchè non c'è nulla. Oggi, grazie alla mitica compagnia di navigazione che mi offre un'escursione (che non citerò perchè se no compare su Google) e io scelgo quella in bicicletta. Da cui si spera siano esclusi vecchi con stampelle a favore di giovani che non ho ancora incontrato. La scelta mi premia con due coppie americane: Nancy e Bob, cinquantenni californiani fissati con la valle del vino (dove, ovviamente, vivono); Dominic e Casey, tretacinquenni di Cincinnati: lui è un ipersportivo con l'orecchino al naso (e non è brutto), lei è la donna con il sedere più grande che abbia mai visto. L'isola è fatta di casette colorate, prati verdi e silenziosi, piste ciclabili e "mulini" per l'energia eolica. Il gruppo angloamericano riesce a farmi mangiare l'aringa affumicata alle 11 di mattina. Dimenticavo il personaggio più interessante della scampagnata: Carrie, settantenne super arzilla con chignon fintissimo (o almeno così sembra) in testa. Pedala come una disperata e mi invita a cena per la serata di gala.
La serata di gala sembra una cena di Assassinio sul nilo di Agatha Christie. Io con il mio vestitino nero sono l'unica senza paillettes e gioielli vistosi. Arrivo in ritardo al cocktail con il capitano (che non c'era) e, scendendo le scale, perdo anche una scarpa. Dodici persone dello staff (tutti in fila davanti alla sala da pranzo) si affrettano a recuperarla. Io vorrei sprofondare nella moquette color cipria. A cena (coi vecchi) si beve sherry, si parla di elezioni politiche, di golf e di Italia. Ma giusto per fare una cortesia a me. Ne esco defunta, o almeno così pare. Speriamo che stanotte non uccidano nessuno.
31 maggio
Stoccolma, Svezia
Il buongiorno si vede dal mattino:lo staff mi comunica a colazione che sono stata eletta la più bella della nave. E te credo. Ma pare che fossero indecisi tra me e una vecchia di Portland. La mattina prendo beatamente il sole a bordo piscina, perchè stiamo ancora navigando. Arrivati a Stoccolma inforco la scaletta e mi mischio alla folla. C'è la maratona, stoccolma è la venezia del nord (o forse er a Bruges quella?) ed è un susseguirsi di isole che non sono collegate tra loro. Il mio planning per la visita va in fumo: non riuscirò a vedere tutto.Quindi mi dirigo al Moderna Museet, trionfo dell'arte moderna vera e propria. Mi soffermo sulle pazzie di Paul Mc Carthy e su un'installazione che prevede un ragazzo in carne ed ossa sdraiato a guardare dei video. Poveretto. Ma è interessantissimo. Mangio anche un gelato al gusto di non so che cosa, perchè non c'era la traduzione in inglese. E poi incontro i miei amici canadesi (che mi sono dimenticata di citare nella biciclettata) molto simpatici. Ceno con loro e mi diverto molto: parliamo male di Berlusconi e bene di Roma. E loro mi raccontano del Canada.
1 giugno
Ritorno
La mattina lascio il mio bagaglio alla stazione dei treni e me ne vado in giro per l'ultima mezza giornata a Stoccolma. La città è soleggiata e deserta: saranno le nove e mezzo. mi dirigo al famoso Vasa Museet, quello del vascello affondato nel 1628. Fantastico. Mi imbatto in una comitiva di bergamaschi e mi vergogno di essere italiana perchè fanno commenti a vanvera con il loro accento terribile. E non capiscono niente d'inglese. Il Vasa è troppo bello, ma devo tornare. L'aeroporto mi aspetta. Dopo quaranta minuti in pullman seduta di fianco a un gay iraniano diretto a Istanbul per un mese, ospite di sua zia, approdo all'aeroporto dove mi impediscono di portare l'acquavite svedese in Italia perchè a loro parere non posso importare alcolici nel territorio UE. Io tiro fuori il trattato di Schengen ma la gente dietro di me si irrita alquanto e decido di tornare a casa a mani (quasi) vuote. Scalo a Zurigo dove arrivo alle sette e mezza, affamata come non sono mai stata cammino a velocità inaudita nella zona transfer alla ricerca di un bar. E trovo Gucci, Montblanc, Prada. L'aeroporto di Zurigo è il più fighetto che abbia mai visto: che palle, voglio un panino dell'autogrill! Vedo un negozio che sembra vendere qualcosa che abbia a che fare col cibo....l'angolo del caviale. Lascio mesta l'area shopping e mi dirigo all'imbarco. Dove c'è pianeta panino, ma hanno solo panini con il formaggio svizzero (quello con i buchi). Che mi fa schifo. Ma in questi giorni ho erroneamente ordinato cose che odio (dai peperoni ai piselli) quindi chissenefrega e mangio il panino. Zurigo- Milano, dieci persone a bordo. Tra cui il manager milanese di ritorno. Lui è un serio uomo di affari, di quelli stra ricchi sfondati: cinquantenne belloccio, veste in timberland senza calze, pantaloni chiari, camicia bianca e rayban. Lo odio. Torna da non so dove (Usa presumo) accompagnato da un povero sfigato suo collega, napoletano, quarantenne non sposato che appena atterriamo chiama la mamma per rassicurarla. A lui il manager milanese fa scuola di vita per i trentacinque minuti di volo e i dieci minuti di autobus. Le sue perle di saggezza? Lui va sempre in giro con il passaporto, NON POSSIEDE la carta d'identità. E sai perchè? Perchè così ogni volta può dichiarare una residenza diversa, visto che sul passaporto non c'è scritta. Stanno seduti dietro di me, ovviamente. Quindi un po' di aforismi li ho interiorizzati anche io.